Nell’iniziare l’autunno ormai prossimo, che cosa resterà dell’estate 2024? Aldilà che abbiamo potuto vivere o meno esperienze di particolare vacanza, credo avremo tutti ricevuto stimoli e motivi di riflessione durante i mesi estivi, occasioni da non lasciar perdere, da ascoltare, coltivare e custodire.
Ascoltare. Nel vivere delle giornate più lunghe, la libertà dagli impegni scolastici e lavorativi, del tempo di silenzio e maggiore solitudine, il contatto diretto con la montagna o il mare, lo stare in modo più disteso con i famigliari e gli amici, abbiamo sicuramente sperimentato il sorgere di emozioni, sentimenti, desideri, interrogativi, se non anche di intuizioni utili per il futuro.
La nostra vita interiore ha potuto vivere e, se anche lo avessimo già fatto, questo vissuto merita di essere ascoltato ancora, sin anche scoprirvi qualche Parola con cui Dio ci ha parlato e interpellato. Sostiamo in silenzio e ascoltiamo la nostra estate.
Coltivare. Il vissuto interiore è un patrimonio importante: da esso parte la vitalità di tutta la nostra persona. Dalla vita interiore abitata insieme allo Spirito di Dio si sprigiona la gioia di esistere, la voglia di vivere, il desiderio di amare. Le parole buone ascoltate, perciò, val la pena di approfondirle, attraverso il silenzio, la preghiera, il dialogo con gli altri, la lettura di qualche testo di approfondimento, per arrivare poi, a tempo opportuno, a dare seguito a quanto maturato,
progettando e compiendo una scelta concreta da soli o coinvolgendo altri, stimolando la famiglia, i colleghi di lavoro, la comunità cristiana o l’ambiente sociale.
Custodire. Non è detto che tutto ciò che sperimentiamo debba per forza avere un risvolto esterno: le nostre consapevolezze sono anzitutto da valorizzare personalmente, in chiave di conversione e di progressione o magari, prima di essere esplicitate, domandano di maturare ulteriormente.
Dando tempo al tempo, perciò, quanto ascoltato nel periodo estivo potrebbe chiedere anche solo di essere ulteriormente custodito, portato nel cuore o deposto all’altare del Signore, in attesa che, non senza di noi, maturi e possa essere dato alla vita.
don Silvano, il parroco