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PASSI DI SPERANZA … dentro alla Messa /4

Nelle domeniche scorse abbiamo condiviso tre cammini di speranza che la liturgia, in genere, chiede ad alcuni. In questa domenica invece cercheremo di vivere in modo nuovo un cammino che è ‘nostro’ in ogni Messa: il cammino di un popolo esultante, “invitato alla cena”, a ricevere il pane (e il calice) che il Signore offre.
Da piccolo andavo in silenzio alle balaustre pregando nella mia intimità, per ricevere con devozione il Signore, preparato, cercando di essere il meno indegno possibile. Dopo il Concilio Vaticano II invece siamo invitati a muoverci in
fila, uno dietro l’altro, come popolo che canta gioioso per incontrare il Signore che ci unisce col suo pane e il suo calice. La preparazione non la facciamo più in modo individuale, ma insieme, durante tutta la messa: Vangelo, Padre
nostro, preghiere… Ma anche il camminare insieme, uno dietro l’altro, ci prepara. Quel Gesù che vado a ricevere nel pane mi è anticipato in chi ho davanti e in chi mi sta dietro. Per questo chi si inserisce nella fila prima di me non mi
ruba il posto (c’è cibo per tutti) ma è benvenuto, specialmente se è una persona in difficoltà.
Io cammino ‘dietro’ il Signore anche stando ‘dietro’ a chi mi precede: mi fido della sua fede, della sua speranza di far comunione. Lui/lei a sua volta sta ‘dietro’ a qualcuno della cui fede si fida. A mia volta segno il passo a chi mi segue,
condividendo un po’ della mia fede, della speranza di comunione, di comunione anche con lui/lei. Ci sosteniamo: l’uno soccorre la fede dell’altro, confida di esserne completato.
Andiamo verso il Signore, insieme, come popolo.
Per motivi pratici ricevo una particola rotonda, perfetta, ‘tutta mia’ (?), ma in realtà Gesù vuol darmi un ‘pezzetto’ del suo pane, che è completo perché ci sono anche gli altri pezzi, quelli che mangiano gli altri che sono in processione con
me e che cantano con me la speranza di essere unificati da Lui. Il camminare insieme mi ricorda che io sono corpo di Cristo insieme a chi mi sta davanti o dietro. Mi ci familiarizza. Me ne dà la speranza.
don Giuseppe, collaboratore pastorale