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“NOI CREDIAMO”

Inizia così il Credo scritto dai vescovi che parteciparono al primo Concilio ecumenico, nel 354 a Nicea, un’antica città vicina all’attuale Istanbul allora sede dell’Imperatore. La Chiesa, che stava emergendo dalla clandestinità e dalla persecuzione, cominciava a sperimentare quanto fosse difficile condividere la medesima fede nei diversi contesti culturali e politici dell’epoca. Fu quindi convocata un’assemblea di tutti i vescovi che si accordò, non senza difficoltà, sul testo del Credo, definendo i fondamenti essenziali comuni su cui costruire comunità locali che si riconoscessero come Chiese sorelle, ciascuna nel rispetto delle diversità delle altre.
A distanza di 1700 anni e alla vigilia dell’annuale settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, l’espressione iniziale mi interroga e credo possa interrogarci tutti. Se l’iniziare ogni domenica la professione di fede dicendo “Io credo” interpella la nostra personale adesione al Signore, quel “noi crediamo” con cui venne stesa la prima Professione di fede ci chiama oggi a credere insieme, a condividere una medesima adesione al Signore e a dei contenuti di fede che la Rivelazione ci ha consegnato: una comunanza, questa, che non sempre – a mio parere – riusciamo a custodire e favorire. L’epoca che viviamo ci spinge a mettere in evidenza soprattutto le nostre idee, i nostri modi di vedere, il nostro sentire, quasi che la condivisione di esperienze, principi e scelte significasse sciocca omologazione. Rispetto al “noi” oggi ha spesso la precedenza l’“io”.
Credo possa aiutarci, allora, celebrare questo anniversario e dire ancora insieme “noi crediamo” ma ancor più riprendere atteggiamenti di sano cammino di fede fatto insieme, di scoperta docile di quanto la Parola di Dio ci consegna e di quanto la Chiesa nel tempo va approfondendo. Non supereremo le ristrettezze dell’“io” solo ripetendo a memoria quanto imparato anni fa a catechismo o coltivando una ricerca individuale che confermi le nostre posizioni ma aprendoci in modo consapevole all’incontro con gli altri, partecipando a momenti di ascolto, riflessione e preghiera fatti insieme, vigilando su derive culturali che, senza accorgercene, ci portano a banalizzare il dono della fede: in definitiva testimonieremo così la nostra fede, non solo come esperienza personale, ma anche e soprattutto ecclesiale.
Con già in calendario alcuni appuntamenti nel tempo di Pasqua, utili ad approfondire la nostra fede anche a partire dal “Noi crediamo” del Concilio di Nicea, facciamoci ulteriormente sensibili a coltivare una fede ecclesiale.
Cogliamo le occasioni di incontro con gli altri cristiani, con i cristiani di altre Chiese e chiunque fosse disponibile al dialogo, come opportunità per entrare con umiltà dentro al mistero di Dio e per testimoniare il nostro essere discepoli dell’unico Maestro.
Il parroco, don Silvano