All’indomani del mese – gennaio – da anni dedicato nella Chiesa alla riflessione e preghiera per la pace nonché coinvolti da alcuni incontri promossi dall’Azione Cattolica del nostro territorio, avvertiamo quanto mai opportuno sostare anche qui su questo bene comune necessario.
La pace, che è dono di Cristo e responsabilità di tutti noi, è oggi in grave crisi in tanti luoghi del mondo ed è quanto mai evidente che tale questione non è problema di pochi, capriccio di alcuni o ignoranza di altri. Quella pace che desideriamo per l’Europa, per il vicino oriente, per l’Africa e l’America latina non c’è anche a motivo di tanti discorsi e atteggiamenti sdoganati dai social, da politici e governanti e ben presenti tra noi che ancora fatichiamo a riconoscere le diversità come dono e opportunità. Cresce l’odio nel mondo, fomentato da politiche megalomani – guarda caso MEGA è proprio l’acronimo che dà il titolo al progetto di un noto magnate per un’Europa che “ritorni grande”! – che dividono l’umanità, le religioni, le etnie, i cristiani… tra buoni e cattivi, con semplificazioni che a nulla servono se non a rinchiuderci in schemi contrapposti. Vengono usate con troppa facilità parole tremende quali “deportazione”, “immondizia”, “reimigrazione”, “pulizia etnica”, non solo sui social o nei luoghi di ritrovo ma in comunicazioni ufficiali di presidenti e ministri, facendo diventare normali quei linguaggi che sono tipici solo di gruppi estremisti.
In un momento in cui anche chi accompagna le sorti delle nazioni sta spingendo verso questa direzione con scelte politiche e commerciali, siamo interpellati a diventare più responsabili, a non delegare a pochi le sorti sociali e mondiali, occupando attivamente, da cristiani maturi il nostro posto nella società. Certi che anche le parole costruiscono uno stile, siamo chiamati a considerare con verità il nostro linguaggio e ancor più il nostro cuore, per ripulirli da parole violente o tossiche che potrebbero abituarci ad atteggiamenti sempre più ostili e violenti, per nulla fedeli alla Parola bella del Vangelo. Ben consapevoli che le diversità sono un dono nostro e di tutti da conoscere e valorizzare, siamo anche chiamati a riconoscere che i confini tra comunità, gruppi, esperienze religiose… non sono netti e impenetrabili ma “porosi”, come annotava nei giorni scorsi l’editorialista di Avvenire Mauro Magatti, e tale porosità offre l’opportunità per delle “sane contaminazioni” che permettano a tutti di far emergere la propria e altrui parte migliore.
Come cristiani stiamo davvero donando il meglio di noi alla società e al mondo, anche perché la pace possa realizzarsi? Usciamo dal nostro silenzio, offrendo la nostra conversione al Signore, la nostra preghiera sincera, l’impegno feriale per una sana convivenza delle diversità, forti di uno sguardo sinceramente accogliente, purificato da pregiudizi e violenze. Non è inseguendo le manie di grandezza che faremo crescere il bene e la pace ma vivendo il quotidiano gli uni accanto agli altri e favorendo occasioni e opportunità al passo con gli ultimi.
Il parroco, don Silvano