Nel giorno in cui la Chiesa celebra Dio che è Trinità, condivido una terna di parole che solo apparentemente ha poco a che fare con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Infatti, “permesso, grazie, scusa”, sebbene siano parole che appartengono al linguaggio umano, ben esprimono dei tratti divini, capaci di realizzare la comunione tra di noi e con Dio.
Sono parole più volte consegnate da Papa Francesco alle famiglie e alle comunità, “semplici, ma non così semplici da mettere in pratica! Racchiudono una grande forza: la forza di custodire la casa, anche attraverso mille difficoltà e prove; invece la loro mancanza, a poco a poco apre delle crepe che possono farla persino crollare” (Francesco). Sono parole oggi necessarie, in una società spesso disattenta alle persone, che dà tanto per scontato e dovuto, quando invece tutto è dono. Sono parole da valorizzare ulteriormente se non anche da imparare o addirittura aggiungere al nostro vocabolario ormai povero di pazienza, come atto di fiducia e apertura alla vita ma anche di sincera cordialità data dalla carità che viene dalla fede.
Dire “permesso?” significa accorgersi che la persona che ci sta dinanzi non ci appartiene e non la possiamo invadere, neppure se in un clima di confidenza e amicizia: l’altro è sempre una terra sacra dinanzi alla quale togliersi le scarpe come Mosé prima di avvicinarsi (Es 3,5).
Dire “grazie” non è un segno di debolezza ma un atto di verità nei confronti dell’altro che è sempre un dono: dono sono il tempo, la generosità, il servizio, il lavoro che l’altro compie anche per me. Nella vita del credente il grazie è un riconoscimento del proprio limite e il modo più alto di pregare, tanto che la Messa è un’Eucaristia, ossia un “grande ringraziamento” al Padre.
Dire “scusa” è difficile ma necessario, segno di libertà da se stessi ma anche di grande riconoscimento dell’altro, è la via che apre il cuore al perdono e alla riconciliazione con gli altri e con Dio. Piuttosto che provocare ferite, distanze, rabbia e conflitti, perché non costruire veri e propri ponti che permettano lo scorrere della vita?
Guardando alla Trinità, e ben consapevoli che nella fede noi siamo stati coinvolti da Dio a rimanere in lui, l’amore diventa possibile, come pure diventano possibili dei rapporti sinceri e corretti, cordiali e rispettosi, capaci di aprire la strada all’unità e alla pace. “Permesso, grazie, scusa”: usiamo con verità e abbondanza queste parole umane e divine, in casa, in parrocchia, ad uno sportello o alla cassa, coi colleghi di lavoro, con gli insegnanti dei nostri figli e coi genitori degli alunni… con tutti.
Anche così vivremo il nostro essere a immagine e somiglianza di Dio, Trinità d’amore.
don Silvano, il parroco