Nei numerosi anni vissuti come educatore in Seminario, più volte ho ascoltato dal supervisore del gruppo educatori la sottolineatura che il nostro intervento educativo avrebbe influito sui ragazzi e i giovani affidati non più del 10% e che il resto di azione educativa, estremamente più ampio, sarebbe stato il frutto di molte altre realtà, di cui la famiglia, la scuola, il gruppo, il clima culturale.
All’inizio di un nuovo tratto di strada del cammino catechistico accanto ai ragazzi credo sia necessario non trascurare una puntualizzazione di questo tipo. Se davvero ci sta a cuore la crescita di fede dei ragazzi e dei giovani, comprendiamo bene che essa ha bisogno ed è frutto di tante mani, consapevoli che quelle degli educatori parrocchiali, delle catechiste e dei catechisti influiscono solo parzialmente. Nell’esperienza della crescita alla fede dei più giovani siamo chiamati ad essere tutti protagonisti, ciascuno mettendo un proprio filo nel grande tessuto della tela che il Signore desidera realizzare anche nella vita dei ragazzi.
Nell’educare alla fede ha un posto ogni parrocchiano e familiare dei ragazzi, non tanto con interventi diretti o discorsi ma soprattutto con la testimonianza e la cordialità frutto del proprio incontro con il Signore, una relazione scoperta come bella e necessaria che sta plasmando la propria vita. In modo tutto particolare ha un posto la famiglia e, più precisamente, ne hanno uno i genitori: il loro interesse per la partecipazione alla catechesi non può esaurirsi nel delegare dei catechisti all’educazione alla fede dei propri figli ma chiede un coinvolgimento personale, un mettersi in cammino in prima persona nel rapporto con Gesù Cristo e la sua comunità. Molti adulti sono preoccupati perché non vedono i ragazzi alla Messa domenicale: personalmente sono più preoccupato del fatto che i loro genitori non partecipino alla Messa, che i genitori che chiedono i Sacramenti per i loro figli non vivano loro l’incontro con Gesù nei Sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza. Questa discordanza rende sin dall’inizio ulteriormente fragile l’opera educativa.
Ben consapevoli del clima culturale in cui stiamo vivendo, particolarmente indifferente alla vita cristiana se non, a volte, anche ostile, siamo chiamati a cogliere il tempo presente come un’occasione di rinnovata scelta del Signore, anche in merito all’educazione alla fede dei ragazzi e dei giovani. Questa prospettiva non ci faccia presumere di trasmettere la fede perché vivremo un’azione più incisiva ma piuttosto perché la sapremo invocare dal Signore che, nonostante le nostre debolezze, lavora i cuori e li apre alla relazione con lui. Ci aiuti a riscoprire il valore di tanto impegno che a volte sembra non avere valore e a viverlo con rinnovata fiducia: oggi è più difficile di un tempo consegnare la fede, ma non meno entusiasmante, perché si tratta di condividere la gioia più grande della nostra vita.
don Silvano, il parroco