Da un dialogo con Vincenzo Rosito a partire dal suo recente volume Dio delle città. Cristianesimo e vita urbana EDB, 2018.
(L’autore dà questi suggerimenti:) padroneggiare i nuovi linguaggi, difendere il tempo, vicinanza ai poveri, la festa e il gratuito. (…)
«Oggi, nella vita di una parrocchia, la vicinanza ai poveri dovrebbe esprimersi anche (…) esercitando un ruolo critico nelle dinamiche sociali in cui si costruisce la fama negativa di un quartiere o si inizia a gettare discredito su una porzione di città o di società. Le comunità cristiane non possono essere inattive davanti alla creazione dei nuovi stigmi sociali. (…) Contrastare i processi di stigmatizzazione urbana significa promuovere le riserve di socialità presenti nella vita e nel tessuto comunitario di una città. Queste riserve, distribuite nelle realtà collaborative e associative più disparate, possono diventare occasioni di scoperta, valorizzazione e collaborazione da parte delle singole comunità ecclesiali. C’è un bisogno crescente di “vita all’aperto”, di tempo passato gratuitamente e distesamente nel chiarore degli spazi comuni. La nuova socialità urbana non si esprime probabilmente nelle forme associative e comunitarie del secolo scorso, ma porta in dote desideri inespressi, come quello di un tempo condiviso in semplicità e gratuità. Nel contesto vitale e sociale di una città, alle Chiese spetta prima di tutto un servizio e un’opera di gratuità. I cristiani potrebbero essere ancor più riconoscibili per la passione con cui promuovono relazioni gratuite e disinteressate, per il modo con cui si spendono a favore delle forme sociali e civili della generosità e del dispendio, in cui si elargisce a piene mani senza chiedere un tornaconto ponderato e immediato. Questo è un compito spirituale, pastorale e culturale del cristianesimo dentro la città che cambia.