Una famiglia tra le famiglie. Casa Leonati è stata concepita così, come una struttura radicata nella comunità parrocchiale di Santa Teresa di Gesù Bambino, dove le piccole ospiti si sentano a casa e possano ritrovare quella serenità che tutti, alla loro età, dovrebbero avere. L’espressione è stata coniata da suor Paola Contin, già superiora generale delle suore di San Francesco di Sales, che nel 1993, insieme a suor Carlottina Orlandi, ne propose il progetto al parroco. Da allora le suore salesie gestiscono la casa famiglia con grande amore e dedizione, accogliendo ragazzine provenienti da famiglie problematiche o disagiate, che vengono loro affidate dai servizi sociali.
Al nucleo iniziale, ospitato all’interno della parrocchia, si è aggiunta nel 2001 una casa affittata dalla congregazione nella vicina via Graf, dove vivono le ragazze che frequentano le superiori, e quindi un terzo appartamento, in un’altra palazzina sempre di via Graf, per le maggiorenni. «Lo chiamiamo appartamento “sgancio” – spiega suor Marina Tavernaro – e ospita le ragazze che dopo i 18 anni non possono tornare alla loro famiglia d’origine o capiscono che per loro è meglio non tornarci».
Questo appartamento, dove le ragazze rimangono fino a quando non si rendono indipendenti, è stato affittato, grazie ad alcune iniziative benefiche e a contributi privati, dall’associazione Leonati, fondata nel 1998 dal gruppo di famiglie e di volontari che affiancava, e tuttora affianca, le suore salesie nella gestione della casa famiglia (per informazioni: 049-8802754 o ass.leonati@davide.it). Fin dall’inizio infatti la struttura ha ricevuto un’accoglienza positiva da parte dei parrocchiani, che si sono attivati per aiutare le religiose nella cura delle bambine.
Storie ancora brevi, ma che racchiudono già sofferenze, abbandoni, trascuratezza e a volte ferite profonde. «Il taglio netto con la famiglia d’origine non è mai auspicabile – aggiunge suor Marina – se non in presenza di fatti gravissimi. Noi ci teniamo che mantengano un’idea positiva dei loro genitori. Poi stando qui, nella normalità della vita quotidiana, si rendono conto di cosa è mancato loro. La riconoscenza arriva dopo che se ne sono andate. È molto bello quando tornano a trovarci e dicono alle più piccole: non lamentatevi, vedrete che starete bene. Sono ragazze particolarmente sensibili e con le più piccole si capiscono al volo».
Si creano legami di affetto profondo, non sempre facili da gestire specie nell’età della ribellione, ma poi le ragazze devono tornare alle loro famiglie, o trovare la loro strada. «Ci si affeziona – spiega suor Lucinda Marcato – ma dobbiamo sempre ricordare perché siamo qui e per questo ci viene in aiuto la preghiera. Facciamo in modo che non ci venga a mancare mai lo spazio per la preghiera e per la nostra ricerca spirituale. Ne abbiamo assoluto bisogno. La grazia più grande è vedere le bambine serene. Da loro impariamo tantissimo».
(da un articolo su “La difesa del popolo”)