II parte del messaggio quaresimale del vescovo Antonio
Convertirsi a Dio vuol dire convertirsi all’amore di Dio e insieme del prossimo (…) L’amore del prossimo comporta la pratica rigorosa della giustizia e delle sue esigenze, per cui non pratica il comandamento della carità chi non è onesto negli affari. Dobbiamo decisamente opporci al diffuso fenomeno della corruzione. L’evasione fiscale è pure moralmente illecita. Per quanto sta in noi cerchiamo di evitare gli sprechi sia alimentari che di altro genere praticando uno stile di vita ispirato a criteri di sobrietà.
Ma occorre aggiungere che la giustizia da sola non è sufficiente per edificare una società buona (…) L’amore sincero del prossimo, la solidarietà sarà sempre necessaria anche nella società più giusta, ammesso che essa esista (…)
Un atteggiamento da coltivare è quello di intessere delle buone relazioni con i vicini, facendo noi il primo passo (…) Vorrei invitare le parrocchie a promuovere le buone relazioni, a non lasciare sole le persone bisognose, specialmente anziane, a educare al senso della comunità e del bene comune, condividendo il bene che c’è tra noi e incrementandolo (…) In una società che, a causa della globalizzazione, è diventata pluralistica sotto l’aspetto etnico e religioso, siamo chiamati al rispetto della dignità di ogni persona e a un’accoglienza generosa e saggia (…)
Lo metteva in luce già sant’Agostino nel quinto secolo osservando: «Quando infatti (gli uomini) non possono comunicare tra loro ciò che pensano, anche solo per la diversità della lingua, la grande somiglianza di natura non giova a nulla per far stare insieme gli uomini, tanto che un uomo sta più volentieri con il proprio cane che con una persona estranea» (S. Agostino, La città di Dio, XIX, 7). Ma sarebbe proprio questa una bella società? I Papi a cominciare da Paolo VI ci hanno sollecitato a edificare la “civiltà dell’amore” (…).
Usciamo dal nostro torpore, liberiamoci dai molti timori e dal nostro scetticismo e osiamo una Quaresima nuova.