“Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo”.
Pronunciata da San Giovanni Paolo II ai giovani di tutto il mondo radunati a Tor Vergata nell’estate del 2000, questa frase ha un’eco potente, specialmente alla luce del Vangelo (Lc 12,49-53) ascoltato la scorsa domenica. Se noi cristiani saremo ciò che dobbiamo essere, “metteremo fuoco” in ogni ambiente, il fuoco della passione per le cose belle, per l’amore autentico, per la vita di Dio. Non possiamo abituarci al Vangelo o viverlo con superficialità. Essere cristiani non significa cercare un fragile equilibrio fatto di buon senso e bonarietà. Abbiamo un fuoco interiore che non può essere domato.
Dobbiamo farlo divampare, perché possa bruciare, riscaldare e illuminare il mondo.
Oggi assistiamo a una diminuzione della pratica cristiana comunitaria. La fede si riduce spesso a un rito per occasioni speciali, senza un vero coinvolgimento. I valori cristiani, che sono profondamente umani, sembrano svanire dall’orizzonte comune. Come abitare questo tempo se non tornando a ciò che siamo davvero ossia depositari di un fuoco che è la presenza stessa di Cristo in noi?
Non si tratta di cercare popolarità o effetti speciali, tantomeno di ritornare ai fasti dei bei tempi andati ma di vivere una fede autentica, di provare gioia per il Signore.
Siamo come il lievito che fa crescere la pasta: una volta entrato nella nostra vita, ci fa maturare e poi dobbiamo gettarlo nel mondo perché faccia “lievitare tutta la pasta” (1 Cor 5,6). Singoli credenti, famiglie, laici, consacrati e sacerdoti: tutti siamo chiamati a portare il vigore della fede nella nostra vita e nella comunità, insieme, senza deleghe di alcun tipo a qualcuno.
Il prossimo 7 settembre durante la celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro, papa Leone dichiarerà santi Carlo Acutis (1991-2006) e Pier Giorgio Frassati (1901-1925): un quindicenne e un ventiquattrenne saranno consegnati alla Chiesa come testimoni di fede e compagni nel cammino quotidiano. Grati per questo dono siamo chiamati ad accoglierlo credendo fino in fondo che quel fuoco, che entrambi hanno permesso al Signore di accendere e far divampare, possiamo accoglierlo anche noi, a partire dai più giovani. Insieme a loro guardiamo alla ripresa della quotidianità nelle sue diverse forme, consapevoli che la nostra vocazione è grande e bella.
Il parroco, don Silvano